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Il dimorfismo sessuale del puma attraverso le impronte


Fotografia di Mark Elbroch

Fotografia di Mark Elbroch

Acquisire dati affidabili sulle grandi popolazioni di felidi è importante per definire piani di conservazione e gestione efficaci. Tuttavia molti grandi felidi sono solitari ed a vita notturna e per questo motivo è difficile monitorarli. L’approccio più tradizionale prevede, dopo aver provvisto gli esemplari di un radiocollare, l’utilizzo di tecnologia GPS o VHF. Tale metodica però, oltre ad essere costosa, può compromettere il benessere degli animali limitandone l’utilizzo. Per esempio la stimolazione ripetuta dell’asse adrenocorticale dei mammiferi a causa di eventi stressanti (quale per esempio la cattura al fine di applicare il radiocollare) e le immobilizzazioni ripetute possono avere una serie di ripercussioni sulla fisiologia riproduttiva dell’animale, sul suo comportamento o sul suo sistema immunitario. Al fine di ottenere dati validi è tuttavia possibile utilizzare metodi meno invasivi come l’utilizzo di video e foto trappole, l’analisi genetica di vari campioni e, non ultimo, lo studio delle impronte.

Uno dei grandi felidi più numerosi in libertà nel continente americano è il puma. Risulta difficile da studiare per la sua elusività, caratteristica che condivide con altre specie appartenenti alla stessa famiglia. Nello studio condotto da Alibhai et al. (2017) lo scopo è stato quello di identificare un metodo che permettesse, attraverso lo studio delle impronte del puma, di distinguere gli individui di sesso maschile da quelli di sesso femminile. Per fare ciò è stato utilizzato il software FIT (Footprint Identification Technique), sviluppato inizialmente per il monitoraggio del rinoceronte nero (Jewell et al. 2001) ma successivamente adattato ad altre specie come, ad esempio, il ghepardo (Jewell et al. 2016). Il software FIT analizza immagini digitali di impronte scattate secondo un protocollo standardizzato. Esso inoltre prevede un settaggio iniziale sulla specie oggetto di studio, in modo da definire distanze, angoli ed aree dell’impronta e creare un algoritmo specie-specifico sulla base delle caratteristiche anatomiche che contraddistinguono la specie oggetto di studio. Inizialmente quindi con il software FIT sono state elaborate le impronte di animali conosciuti che, in questo studio, sono stati rappresentati da puma detenuti in cattività. Sono state raccolte immagini di impronte di 35 soggetti detenuti in cattività, seguendo un protocollo di immagine standardizzato. É stata usata un’analisi discriminativa per classificare le impronte in due classi, quelle appartenenti a soggetti maschili e femminili; sono state inoltre definite le caratteristiche di ciascuna classe e le differenze tra le due. I dati ottenuti sono successivamente stati inseriti in un software di visualizzazione di dati JMP ed è stata eseguita un’analisi statistica. L'accuratezza della classificazione è risultata superiore al 90% in riferimento all’individuo responsabile della corrispondente impronta ed oltre il 99% per la classificazione di sesso. Questo studio ha quindi permesso di dimostrare come l’analisi delle impronte sia uno strumento utile a studiare specie come il puma ed altri felidi, attuando un metodo meno invasivo ma non per questo meno efficace. Inoltre il protocollo di raccolta dati è risultato intuitivo e poco costoso, così come la raccolta di impronte previo studio osservazionale delle sue specifiche caratteristiche. Le possibilità applicative del software FIT sono quindi molto interessanti, potendo in pratica essere sfruttato per lo studio di impronte di specie animali differenti.

Per approfondire:

Alibhai S. , Jewell Z., Law P.R. (2008) A footprint technique to identify white rhinoCeratotherium simum at individual and species levels. Endangered Species Research Vol. 4: 205–218

Alibhai S., Jewell Z., Evans J. (2017) The challenge of monitoring elusive large carnivores: An accurate and cost-effective tool to identify and sex pumas (Puma concolor) from footprints. PLoS One 12(3)

Zoe Jewell, Sky K. Alibhai and Peter R. Law (2001) Censusing and monitoring black rhino (Diceros bicornis) using an objective spoor (footprint) identification technique. The Zoological Society of London 254, 1-16

Jewell Z., Alibhai S., Weise F., Munro S., Van Vuuren M., Van Vuuren M. (2016) Spotting Cheetahs: Identifying Individuals by Their Footprints. Journal of Visualized Experiments Issue 111

Liebenberg L., Louw A., Elbroch M. (2010) Practical Tracking. Stackpole books.

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